Vaccino covid

Vaccini, un po’ di storia

I vaccini ci salveranno e guardandosi indietro, non si può che essere d’accordo con questa affermazione. E’ indubbio infatti che se gradualmente stiamo tornando ad una parvenza di normalità, dopo oltre un anno di pandemia da COVID-19, il merito è soprattutto dei vaccini, così come senza dubbio, non è la prima volta nella storia moderna che l’umanità “viene salvata” grazie a loro.

Tanto dibattuti in passato quanto attualmente, i vaccini hanno sicuramente impattato in maniera positiva sulla salute globale, aumentando l’aspettativa di vita umana, riducendo la mortalità infantile e migliorando nettamente la qualità della vita delle persone. Insomma, è grazie a loro se certe malattie come il vaiolo, sono state debellate, e se altre, come la poliomielite, non ci fa più paura. Ma come e quando sono nati i vaccini?

1796 JENNER E IL VACCINO ANTI-VAIOLO
La scoperta della vaccinazione, come tecnica per sconfiggere le malattie infettive, è attribuita ad Edward Jenner (1746-1823), che in Inghilterra, nel Gloucestershire, alla fine del Settecento, tramite osservazione empirica, diede scacco matto al vaiolo, che in quel tempo imperversava nelle campagne nelle quali era medico condotto. All’epoca la malattia stava avendo in Europa un incremento allarmante: nel 1753 a Parigi morirono di vaiolo 20.000 persone; a Napoli nel 1768 ne morirono 60.000 in poche settimane e ogni anno a causa del virus Variola l’Inghilterra contava 40.000 decessi.
Jenner non era un semplice “medico di campagna” come spesso, erroneamente, viene descritto. Era invece un uomo colto e dotato di un intuito fuori dal comune: egli osservò che i mungitori che entravano a contatto col pus del vaiolo bovino, la malattia che colpiva le mammelle delle vacche con pustole simili a quelle del vaiolo umano, di solito erano immuni al virus che colpiva l’uomo. Se quindi il vaiolo bovino, meno aggressivo del vaiolo umano, fosse stata la soluzione? Nel 1796 Jenner decise di rischiare, provando questa sua supposizione: prese James Phipps, il figlio di otto anni del suo giardiniere, e gli innestò il pus estratto dalle pustole di Sarah Nelmes, una mungitrice che aveva contratto il vaiolo bovino. Il ragazzino ebbe un po’ di febbre, ma in due giorni guarì: due mesi dopo il medico lo espose al virus e James non sviluppò alcun sintomo. Dopo due anni e altri 23 esperimenti, Jenner fu il primo a dimostrare scientificamente l’efficacia antivaiolosa di quello che battezzò “vaccino” (in quanto derivato dalla vacca).
Il vaccino di Jenner dunque si diffuse rapidamente in tutta Europa e in America, e molti medici, fra cui l’italiano Luigi Sacco, lo sperimentarono su se stessi, inoculandosi prima il vaiolo vaccino e poi quello umano per provare l’avvenuta immunizzazione. Nel 1806 Sacco riferì di avere fatto vaccinare nei soli Dipartimenti del Mincio, dell’Adige, del Basso Po e del Panaro più di 130.000 persone. In breve, i vaccinati del Regno d’Italia giunsero a un milione e mezzo, riducendo drasticamente la mortalità da vaiolo. A Unità d’Italia avvenuta, la vaccinazione antivaiolosa fu resa obbligatoria per tutti i nuovi nati a partire dal 1888.
Non solo: Jenner aveva anche scoperto che il vaiolo bovino poteva essere trasmesso da uomo a uomo, e questo permetteva di avere sempre a disposizione una fonte di pus vaccinico per procedere a nuove vaccinazioni. Grazie a questo fu possibile la prima campagna internazionale di vaccinazione della storia, che fu condotta contro il vaiolo nelle colonie spagnole delle Americhe fra 1803 e 1806 dal medico Francisco Javier de Balmis.
Tra il 1967 e 1979, l’Organizzazione mondiale della Sanità condusse una campagna di vaccinazione a livello mondiale grazie alla quale, il 9 dicembre 1979, questa malattia fu trionfalmente dichiarata “eradicata”. Grazie al vaccino, oggi il vaiolo è la sola e unica malattia del tutto scomparsa nella popolazione umana, e l’obbligo vaccinale in Italia è stato abolito nel 1981.

1880 BEHRING E IL VACCINO CONTRO DIFTERITE E TETANO
I vaccini antidifterico e antitetanico sono basati sulla somministrazione della rispettiva tossina inattivata (antitossina), ed esistono grazie agli studi del tedesco Emil Adolf von Behring (1854-1917) e alle scoperte compiute con il collega giapponese Shibasaburo Kitasato (1853-1931), mentre lavoravano insieme all’Istituto di Igiene di Berlino.
La svolta avvenne nel 1880 quando Behring rese un animale temporaneamente immune dalla difterite e dal tetano iniettandogli siero sanguigno infettato di un altro animale, dimostrando così che questa pratica era non solo preventiva, ma anche curativa, se il siero veniva iniettato ai primi sintomi delle malattie. Il concetto di “antitossine” fece guadagnare a Behring il merito di essere considerato tra i fondatori dell’immunologia.
Nonostante la strabiliante scoperta di Behring, nel mondo la difterite non è ancora debellata completamente, sebbene in Italia, dove la vaccinazione antidifterica è obbligatoria dal 1939, l’ultimo caso risalga al 1996.
Per quanto riguarda il tetano, la vaccinazione nel nostro paese è obbligatoria dal 1968 e il numero di malati è drasticamente diminuito: vengono notificati circa una settantina di casi ogni anno, soprattutto in persone anziane.

1885 PASTEUR E IL VACCINO CONTRO LA RABBIA
Anche Louis Pasteur è considerato tra i protagonisti della storia dei vaccini. Egli è noto per essere innanzi tutto il padre della batteriologia, in quanto fu tra i primi a dimostrare la “teoria dei germi”, secondo la quale le malattie infettive erano causate da un agente microscopico “vivente”. Secondo Pasteur il “germe” poteva essere attenuato in vari modi: passandolo serialmente in animali diversi, o in colture cellulari, o aggredendolo con calore od ossigeno per renderlo innocuo, suscitandone al contempo la risposta immunitaria. In questo modo Pasteur riuscì ad attenuare il bacillo del colera dei polli che era stato isolato qualche anno prima.
La scoperta fu dovuta al caso: Pasteur infatti dimenticò delle colture in laboratorio durante un periodo di vacanza, e al suo ritorno notò che esse fornivano un virus fortemente attenuato ed efficace, quindi, nell’indurre l’immunità nei polli contro il colera. Tutto questo grazie alla prolungata esposizione all’ossigeno che attenuò i germi.
Basandosi su questo concetto sviluppò un vaccino contro l’erisipela suina, e poi si dedicò allo studio della rabbia. Pasteur dimostrò che l’agente patogeno non risiedeva nella saliva del cane come si pensava in precedenza, bensì nel sistema nervoso, sebbene non disponesse di microscopi abbastanza potenti per individuarlo (visto che non si trattava di un batterio, ma di un virus). Certo di poter ottenere un virus attenuato attraverso l’esposizione all’aria di midollo spinale di coniglio infettato, nel 1885 ottenne uno straordinario successo inoculando questa sostanza in alcuni pazienti morsi da cani rabbiosi.

1921 CALMETTE E GUERIN CONTRO LA TUBERCOLOSI
La storia dei vaccini è costellata però anche da fallimenti. Robert Koch nei primi anni del 1900 tentò di produrre un vaccino contro la tubercolosi, ma la sua “tubercolina” si rivelò del tutto inefficace, anche se fu poi utilizzata, con successo, nella diagnostica della malattia. La lotta contro la TBC fu vinta invece da Albert Calmette e Camille Guérin nel 1921: i due ricercatori francesi trasferirono un ceppo di batteri di tubercolosi bovina per 230 volte, lungo un periodo di ben 13 anni, in terreni di coltura costituiti da bile, glicerina e patata, ottenendo, così, un germe non virulento che fu chiamato “Bacillus Calmette-Guèrin”.

1955 – 1963 SALK E SABIN, GLI INVENTORI DEL VACCINO ANTIPOLIOMIELITE
Nella prima metà del 1900 un nuovo virus faceva strage tra la popolazione tra Europa e Stati Uniti: stiamo parlando del poliovirus, che tra gli anni Quaranta e gli anni Cinquanta uccideva o paralizzava più di mezzo milione di persone all’anno in tutto il mondo. Trovarono il modo di sconfiggerlo due scienziati, Jonas Salk e Albert Sabin.
Il primo vaccino fu messo a punto dallo scienziato statunitense Jonas Salk, che conteneva un virus inattivato che stimolava gli anticorpi a difendere l’organismo in caso di contagio.
Adottato tra mille festeggiamenti nel 1955, venne soppiantato dopo breve tempo dal vaccino con virus attivo attenuato del virologo polacco Albert Sabin, inventato due anni dopo. Più economico e semplice da somministrare, a gocce su una zolletta di zucchero, quello di Sabin fu l’arma letale antipolio usata nelle vaccinazioni a tappeto partite dal 1962, che portò a ridurre drasticamente i casi di poliomielite nel mondo e ad eradicare la malattia in Europa. In realtà oggi in Italia è utilizzato il vaccino di Salk, però potenziato.

1971 MAURICE HILLEMAN E IL VACCINO TRIVALENTE MORBILLO-PAROTITE-ROSOLIA
Morbillo, parotite e rosolia: un tempo, prima dei vaccini, erano malattie difficilmente evitabili da ogni bambino in età scolare e spesso costituivano un discreto pericolo. Per quanto riguarda il morbillo, in particolare, si calcola che fino a quando non si è diffusa a livello mondiale la sua vaccinazione, cioè nel 1980, il virus abbia ucciso una media di 2 milioni e mezzo di bambini ogni anno. Il primo vaccino per prevenire il morbillo risale al 1963, mentre i vaccini per la parotite e la rosolia furono resi disponibili rispettivamente nel 1967 e nel 1969.
Il merito, per tutti e tre, va al microbiologo americano Maurice Hilleman (1919-2005), che sviluppò successivamente, nel 1971, il vaccino trivalente morbillo-parotite-rosolia (MPR), cioè i tre vaccini in un’unica somministrazione. Ma le sue fatiche non finirono lì: infatti Hilleman e il suo staff svilupparono negli anni avvenire anche molti altri importanti vaccini, tra cui quelli contro l’epatite A, l’epatite B, la varicella, la meningite, la polmonite e contro il batterio emofilo dell’influenza.
Tutto il resto… è storia contemporanea.