Leoni

Quantificare i ritardi per programmare il recupero

Con la chiusura della gran parte delle attività ospedaliere non urgenti a causa della pandemia da Covid-19, alla riapertura delle prestazioni con il miglioramento dei dati epidemiologici e l’avanzare della campagna vaccinale, i Cup sono stati presi d’assalto per prenotare visite, esami strumentali ed interventi chirurgici prima forzatamente rimandati. Così, con migliaia di prenotazioni in coda, i tempi delle liste d’attesa sono notevolmente alti nella maggior parte dei casi.
«Ci vorranno almeno sei-otto mesi per entrare a regime e recuperare ciò che è stato perso – avverte Giovanni Leoni, chirurgo, segretario di Cimo Veneto Fesmed-». Da cosa partire dunque per espletare tutte le richieste degli utenti che affidano la propria salute al sistema sanitario pubblico? «Dai dati reali – spiega Leoni-. La Regione dovrebbe pubblicare a breve in modo sistematico i numeri delle prestazioni perse e da lì ci si deve organizzare con un piano di recupero che, per forza di cose, dovrà essere spalmato in diversi mesi. In linea di massima si parla di recuperare al 30 aprile 2021, di 289mila viste di diverse branche specialistiche». Il Veneto, anche durante i picchi di contagio ha garantito il funzionamento dei Pronto Soccorso, gli interventi urgenti, le prestazioni oncologiche. «In linea generale si dice il vero riguardo al fatto che il Veneto abbia avuto una tenuta riguardo le attività di oncologia e urgenza anche nei periodi più bui- rileva il dottor Leoni-. Poi però c’è stata una contrazione delle attività specialistiche, come esempio posso citare l’oculistica che già in passato soffriva di tempi d’attesa lunghi per gli interventi in elezione. Ma il grosso del problema, che in un futuro non lontano avrà ripercussioni proprio sulla presa in carico al SSN, si è verificato sul sistema di prevenzione. «Il sistema degli screening è quello che ha sofferto di più e per il quale servirà un piano di recupero lungo mesi, parliamo di diverse migliaia di mammografie (circa 46 mila), pap-test (circa 50mila pap-test) e colon-rettale (circa 90mila) perse. Quindi di screening di primo e secondo livello si sta parlando di 198mila esami di prevenzione non eseguiti». Come fare, quindi, per garantire il recupero della presa in carico degli utenti che si affidano alle attività ospedaliere? «Come sindacato abbiamo chiesto alla Regione i dati, per capire come fosse la situazione globale e per Aulss : servono numeri che rivelino la situazione per specialità per programmare il recupero delle prestazioni. Per farlo si deve anche paragonare la mole di attività rispetto agli anni pre-pandemia. L’accumulo deve essere programmato nei mesi attraverso un piano adeguato . Questo però- sottolinea il segretario Cimo Veneto- non è pensabile di farlo in estate. Se di pensa di partire facendo dei cambiamenti dell’ultimo momento alle ferie estive, programmate da tempo, ai nostri medici, da tutti esaltati ad “eroi” per il lavoro svolto senza sosta durate la fase acuta di pandemia, si parte da un presupposto che non ha nessun senso. Il tutto deve essere programmato per tempo, considerando un recupero di base di 6-8 mesi e tenendo conto che, anche rispetto ai pacchetti aggiuntivi di prestazioni attivati nella fase di calo pandemico del 2020, ora parte del personale anche infermieristico è stato dirottato negli Hub vaccinali e deve rientrare , questione che si somma ad una già nota di carenza di personale in particolare in alcune specialità ». «A livello sindacale intanto posso dire che sono stati fatti passi avanti nel riconoscimento tangibile dell’attività dei medici che fanno libera professione solo in ospedale: da gennaio 2021, vi e’ stato un aumento dell’indennità di esclusività di rapporto grazie al Governo ed al Ministro Speranza . Come sindacato si può dire che questo ha dato una sicura valorizzazione non episodica ai medici che lavorano solo all’interno del servizio sanitario nazionale, ma dobbiamo sottolineare che non e’ stato previsto allo stato un riconoscimento per chi lavora con la libera professione fuori dall’ospedale ma rischia comunque – ed in particolare con il Covid – durante le ore del normale turno di lavoro in ospedale.Altra battaglia da fare è sulla omogeneità alle retribuzioni sui compensi dei medici che prestano servizio tramite cooperative e quindi solo a tariffa libero-professionale ad esempio per Anestesia , Radiologia e Pronto Soccorso -.Nei bandi di offerta servono retribuzioni omogenee almeno a livello regionale e non variabili da Aulss a Aulss o ci saranno migrazioni seguendo il miglior offerente secondo le leggi di mercato con perenne ulteriori difficoltà per coprire i turni. Non è questo il sistema di assistenza ideale per il servizio Sanitario Regionale e Nazionale che e’ un ente pubblico, serve una valorizzazione anche economica del impiego del personale a tempo pieno con accesso da regolare concorso e adeguata progressione di carriera. Quindi per le prestazioni accumulate il periodo di recupero non può che partire da settembre, rassicurando sull’avvenuta messa in sicurezza degli ospedali anche con le vaccinazioni dei medici e del personale tutto, dando una giusta urgenza agli screening perché questo poi si ripercuoterà nella gravità della patologia oncologica in chi non ha effettuato gli esami di prevenzione, creando ritardi diagnostici e scoperte di stadi di malattia in fase più avanzata».