Zaia-Crisanti, guerra totale

E’ scontro totale tra il microbiologo Andrea Crisanti e il presidente della Regione Veneto Luca Zaia. Tutto nasce dalla diffusione da parte di ‘Report’ di ieri sera di una telefonata intercettata nell’ambito di un’inchiesta sui tamponi rapidi in Veneto, in cui il governatore avrebbe parlato di portare Crisanti “allo schianto”. La polemica si lega alle prese di posizione di Crisanti sulla gestione della pandemia e in particolare sui tamponi. Immediata la replica del microbiologo che ha parlato di “dichiarazioni di una gravita’ senza precedenti”.
“Lo inseguo fino alla fine del mondo per inchiodarlo su qualsiasi responsabilita’ che ha nei miei confronti. Questo regime di intimidazione in questa Regione deve finire”, ha replicato Crisanti intervistato in esclusiva su MOW. Crisanti definisce invece “ininfluente” la candidatura politica nel Pd: ”qui e’ un problema di etica, non e’ un problema politico”.

Il ricorso diffuso da parte del Veneto ai test antigenici negli ospedali e nelle rsa per anziani torna ad essere terreno di scontro tra il Presidente del Veneto, Luca Zaia, gli attuali vertici della sanità regionale e Andrea Crisanti, ora senatore del Pd e sino alla fine dello scorso anno professore di Microbiologia dell’Università di Padova: il 31 dicembre ha infatti annunciato le dimissioni dall’Ateneo patavino.
L’occasione è la trasmissione Report di Rai 3, nella quale si è parlato, tra l’altro, delle intercettazioni effettuate dalla Procura di Padova che ha indagato Roberto Rigoli, ex direttore del laboratorio di microbiologia di Treviso, e Patrizia Simionato, dg di Azienda Zero sulla base di un esposto partito dallo stesso Crisanti.
I due devono rispondere di falso ideologico e di turbata libertà di scelta del contraente. La prossima udienza è fissata per il 6 febbraio. Secondo l’accusa, in sostanza, Rigoli, incaricato di confermare l’idoneità clinico-scientifica dei tamponi, non avrebbe svolto correttamente il compito assegnatogli. Per Crisanti i test antigenici Abott acquistati dalla Regione Veneto nell’estate del 2020, tra la prima e la seconda ondata, sarebbero stati poco affidabili, circa al 70%,mentre per Rigoli la corrispondenza “è sovrapponibile nella totalità dei campioni esaminati”. Ad acquistare i test rapidi non è stato solo il Veneto ( con una maxi commessa da 148 milioni di euro) ma anche altre cinque regioni.
La trasmissione ha documentato, attraverso le intercettazioni, il livello progressivo del deterioramento dei rapporti tra Zaia e Crisanti, a partire dalla paternità sui test effettuati su tutta la popolazione di Vo’ Euganeo.

La replica della Regione Veneto

“Riteniamo necessario, doveroso, stabilire una serie di punti fermi a difesa di chi ha lottato con il Covid per lunghi anni, prendendo decisioni che anche i più autorevoli organi a livello nazionale e internazionale hanno decretato corrette, a tutela dei professionisti della sanità e del mondo accademico che li ha affiancati. Lo facciamo dal punto di vista scientifico, senza entrare nel merito della comunicazione politica, ma dicendo con chiarezza che quanto espresso anche quest’oggi dal Senatore Crisanti non rappresenta la realtà delle cose”, rende noto la sanità della Regione Veneto, per voce del dott. Gianluigi Masullo, direttore generale (facente funzioni, dopo il pensionamento di Luciano Flor) della sanità regionale. 

“La strategia della Regione del Veneto, tesa al perseguimento dell’obiettivo ultimo di prevenire il più possibile contagi, ricoveri e decessi, si è sempre fondata, fin dalle prime fasi dell’emergenza pandemica, su indicazioni tecnico-scientifiche di livello internazionale e nazionale. Il cardine della strategia regionale è sempre stato l’individuazione precoce di tutti i possibili soggetti positivi al SARS-CoV-2, anche asintomatici, per l’adozione tempestiva delle misure di sanità pubblica.”, prosegue Masullo, sentita la direttrice del Dipartimento di Prevenzione, la dott.ssa Francesca Russo. 

È bene ricordare che nei periodi più critici della pandemia la massima capacità dei test molecolari era di 23 mila unità al giorno. A fronte di una richiesta di prestazioni che arrivava ad oltre 170 mila tamponi al giorno: considerati 30 mila ospiti case di riposo, 54 mila ai dipendenti della sanità, cui si aggiungevano tutti i ricoveri e gli accessi nei Pronto Soccorso. E, ovviamente, quelli richiesti dal resto dei cittadini veneti. Prendendo ad esempio il 15 gennaio del 2022 sono stati effettuati 24.832 test molecolari e 164.189 test antigenici. Con un numero di positivi di 13.094 persone, la maggioranza dei quali emersi proprio dai test rapidi. Cosa sarebbe accaduto se non fossero stati effettuati?

“Negli scenari più impegnativi, è stato possibile estendere la protezione della popolazione rafforzando l’attività di contact tracing, grazie alla contestuale introduzione, accanto ai test molecolari e non in loro sostituzione, dei test antigenici rapidi, che sono stati utilizzati nel rigoroso rispetto delle indicazioni di utilizzo internazionali e nazionali. Una scelta basata su precise indicazioni non certo regionali, ma dell’Istituto Superiore di Sanità, del Ministero della Salute e adottata anche a tutti i livelli delle principali istituzioni internazionali, a partire dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Tamponi utilizzati da tutto il mondo, autorizzati dall’AIFA a seguito anche di trial scientifici pubblicati dal Lancet”, proseguono i dirigenti, che specificano, “l’unica decisione adottata in piena autonomia avvenne il 21 febbraio 2020, quando il Presidente Regionale in totale autonomia, contro i pareri del mondo scientifico, decise di effettuare i tamponi all’intera cittadinanza di Vò Euganeo, decretando l’istituzione della zona rossa”.

“Voler far passare il concetto che i test antigenici hanno addirittura favorito la mortalità e che non siano stati utili nel completamento degli screening appare davvero un vilipendio alla professionalità dei tanti autorevoli esperti che hanno impegnato tutte le loro energie e le loro conoscenze per assicurare le miglior tutela possibile alla popolazione del Veneto. E lo stesso Senatore – che ricordiamo essere a tutt’oggi membro del Comitato Scientifico Regionale istituito con funzioni di indirizzo per i provvedimenti di sanità pubblica riguardanti il Covid, del quale il citato dott. Roberto Rigoli non è mai stato membro – potrebbe trovare molte risposte nella letteratura scientifica che ha studiato lungamente quanto fatto in Veneto”, si aggiunge. 

“Risulta utile in tale senso citare, a ulteriore conferma dell’efficacia della strategia regionale, che in marzo 2022 è stato pubblicato, sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Lancet, uno studio che ha analizzato l’eccesso di mortalità durante l’intero periodo della pandemia da COVID-19 nei diversi paesi del mondo, dal titolo “COVID-19 Excess Mortality Collaborators. Estimating excess mortality due” to the COVID-19 pandemic: a systematic analysis of COVID-19-related mortality, 2020-21. Tra le altre cose, infatti, lo studio, per il contesto italiano, riporta il dato di ogni singola Regione/Provincia Autonoma. Per l’Italia è stato calcolato un eccesso di mortalità pari a 227,4 (212,0 – 242,5) ogni 100mila abitanti mentre per il Veneto pari a 177.5 (164.0 – 190.7), tra i valori più bassi tra tutte le Regioni. Tale dato, congiuntamente con il rapporto tra eccesso di mortalità per tutte le cause e i decessi attribuiti a COVID-19, evidenzia chiaramente come la capacità di testing ha consentito di individuare ed identificare un numero elevato di casi contribuendo a contrastare la diffusione e limitare il contagio e conseguentemente anche i decessi che – come anticipato – sono tra i più bassi tra tutte le regioni italiane”. La sanità del Veneto ha sempre notificato all’organo giudiziario i principali studi e letteratura sulla pandemia. 

“Se il linguaggio politico vede talvolta trascendere nei toni, il nostro mondo, quello della scienza e dei professionisti della sanità non può accettare di essere strumento di contesa. Ne va dalla credibilità di chi continua a lavorare con il camice e vuol far sentire la propria voce contro quello che potrebbe apparire un vilipendio dell’istituzione regionale”, terminano i dirigenti della sanità del Veneto.