Long Covid: uno studio analizza le conseguenze del coronavirus sull’intestino

L’attenzione sugli effetti del Sars-CoV-2 a lungo termine ora è molto alta, numerosi sono infatti i casi di “long covid”, con soggetti che continuano a presentare diversi sintomi una volta terminata l’infezione e risoltasi la fase acuta.

Già all’indomani della prima ondata, era stata appurata la natura multisistemica del Covid-19, che non attacca solo i polmoni, bensì diversi organi, tra cui il sistema nervoso, il fegato, il cuore, il pancreas, le articolazioni e la pelle. A questo filone di studi ha contribuito il Policlinico di Milano, già eccellenza nell’ambito della Gastroenterologia, che ha rilevato le conseguenze del Covid-19 a livello intestinale ed extraintestinale nel lungo periodo.

Autori dello studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista “Neurogastroenterology and Motility” e tra i pochi studi italiani selezionati come comunicazione orale al più grande congresso gastroenterologico statunitense, la Digestive Disease Week, sono il Prof. Maurizio Vecchi, Professore ordinario e Direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Digerente – Università degli Studi di Milano, e il Dott. Guido Basilisco dell’ Unità Operativa di Gastroenterologia ed Endoscopia, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. Lo studio, da un lato, tranquillizza i pazienti affetti da Covid-19 nel senso che gli effetti gastrointestinali a lungo termine sono di severità lieve; dall’altro, sottolinea la possibilità che manifestazioni sia intestinali che extraintestinali possano persistere anche a mesi di distanza.

Già alcuni riscontri in letteratura rilevavano sin dal 2020 come il Sars-CoV-2 potesse colpire anche l’apparato gastroenterico, con almeno il 30% dei pazienti con diarrea o sintomi gastroenterologici nella fase acuta della malattia. Meno noto era quale fosse l’andamento nel tempo di questi sintomi, aspetto rilevante visto che spesso, dopo infezioni batteriche o virali, alcuni di questi disturbi tendono a cronicizzare, anche per anni, talvolta affiancati da sintomi extraintestinali (mal di schiena, mal di testa, debolezza) non spiegati da una specifica alterazione organica, questi ultimi definiti come “somatoformi”. Questo andamento caratterizza alcune sindromi funzionali come il colon irritabile o la dispepsia cosidette “post-infettive”.

“Abbiamo quindi analizzato, dopo un intervallo di tempo di cinque mesi, i pazienti ricoverati presso il nostro Ospedale per infezione acuta da Covid-19 per capire se i sintomi gastroenterici che caratterizzano le malattie funzionali gastrointestinali come l’intestino irritabile e i sintomi somatoformi come la spossatezza/astenia, possano essere presenti a mesi dall’infezione – spiega Basilisco – Abbiamo studiato 164 pazienti dopo 5 mesi dall’infezione acuta da Covid-19. I risultati sono stati confrontati con quelli di soggetti sani e negativi al Covid-19. I dati dimostrano che sintomi gastroenterologici sono presenti a distanza dall’infezione, sebbene in forma assai lieve; il sintomo più frequente è la diarrea. Tra i sintomi extraintestinali molto più frequente è invece l’astenia, che raggiunge valori del 40% tra i soggetti colpiti dal Covid-19. Questi risultati suggeriscono, in linea con la letteratura piu recente, che sia i sintomi che caratterizzano le malattie funzionali gastrointestinali che i sintomi somatoformi possano avere un’origine biologica comune”.