Giorgio Palù

Palù: un richiamo che protegga da tutte le varianti

L’ormai consueto punto stampa tenuto dalla Regione per dare i quotidiani aggiornamenti sulla situazione del Covid-19 in Veneto si è trasformato per qualche ora in un’aula universitaria grazie alla presenza del professor Giorgio Palù, virologo, presidente dell’agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) e componente del Comitato tecnico scientifico nazionale sull’emergenza sanitaria. Il professor Palù ha così avuto occasione di fare chiarezza sulle varianti che circolano nel mondo e in Italia e sulle raccomandazioni riguardanti le fasce d’età relative alle diverse tipologie di vaccino secondo gli sviluppi emersi con il procedere della campagna vaccinale di massa.
«La variante è una costante naturale di ogni virus», ha chiarito da subito. «Da gennaio 2020, quindi, il virus ha subito un’evoluzione dopo la sua comparsa, con il salto dal pipistrello all’uomo, avvenuto in Cina molti mesi prima che ne diffondessero notizia. Nello specifico tutti i virus ad Rna mutano naturalmente nello stesso o altro individuo. Questo coronavirus in particolare è molto complesso, il più grande virus che infetta uomini e mammiferi, con 26 geni. In SarsCov2 le varianti insorgono meno, ad esempio, che nel coronavirus dell’influenza, ma insorgono. Per studiare le mutazioni è necessario studiare i genomi. Il virus di Wuhan era già mutato prima che arrivasse in Italia, le varianti vanno studiate per capire come funzionano i nostri farmaci, i vaccini e come evolve la situazione. Per questo sto insistendo molto sulla necessità che il virus venga man mano sequenziato, cosa che l’Italia purtroppo finora ha fatto meno di tutti».
Le varianti finora insorte che su altre preoccupano sono principalmente tre: quella predominante è presente in 33 Paesi ed è quella chiamata “Inglese”, iniziata a settembre 2020 con 23 mutazioni, 8 sulla proteina Spike; una di queste ha reso il virus più contagioso. «La variante Inglese in Italia poche settimane fa costitutiva il 91,6% del virus circolante», conferma Palù. «La variante “Sudafricana”, ora in calo in Italia, ha una mutazione in più, che si lega alla sua contagiosità e alla risposta immunitaria, ovvero alla capacità di resistere al vaccino. E’ stata identificata dall’ottobre 2020 in 10 Paesi, con 21 mutazioni di cui 9 sulla proteina Spike. La variante “Brasiliana” invece, rilevata da gennaio 2021, con la stessa pericolosità di quella Sudafricana, ha subito 17 mutazioni di cui 10 nella proteina Spike, presente al 4,5% in Italia, ma ora sta calando. L’ultima nota variante “Indiana” è la combinazione di due mutazioni già comparse in India separate e, da quello che sappiamo, se un virus è più contagioso preoccupa ma non si sa se è collegato alla sua letalità. Se aumenta l’infettività, certo sarà che più persone sono a rischio e aumenterà anche la mortalità. La buona notizia sulla variante Inglese è che tutti i vaccini ora a disposizione funzionano. Il passo in avanti più importante da fare è creare vaccini per un richiamo che protegga da tutte le varianti e farlo è oggi possibile, anche in breve tempo».
Il professor Palù ha inoltre rilanciato il progetto, già annunciato in Regione tempo fa, forte ora dell’approvazione del presidente del Consiglio Mario Draghi, di dar luogo a Venezia della sede del Centro di ricerca sulle pandemie. Unendo al suo ruolo di rinomato virologo quello di presidente dell’Aifa, Giorgio Palù ha poi approfondito alcuni aspetti legati ai vaccini che, ricordiamo, essere attualmente quattro (box in alto per approfondire) a disposizione della popolazione e con i quali si sta procedendo alla vaccinazione di massa. Essa azzera quasi del tutto, nei soggetti vaccinati, l’insorgere di malattia grave (se con buona risposta anticorpale); per alcuni vaccini poi è già verificato che abbassino molto la trasmissibilità e, in generale, creano uno “scudo” protettivo generale, se raggiunto il 65-70% dei vaccinati, con l’ormai nota immunità di gregge. Proprio per questo Palù ha sottolineato l’importanza del cambio di passo nella quantità di vaccinazioni effettuate (circa 500mila al giorno e potrebbero arrivare ad 1 milione se la fornitura fosse sufficiente e costante): «Solo così, salvo imprevisti, si potrà tirare un sospiro di sollievo e staccarci dall’emergenza. La certezza su quando finirà la pandemia non c’è, altre non sono durate più di due anni, ma oggi le persone nel mondo si muovono velocemente rispetto ad un tempo e la pandemia è asincrona nei continenti, per questo la vaccinazione dev’essere ingente e soprattutto fatta equamente in tutto il pianeta, non funziona se ci mettiamo al sicuro solo noi da questa parte del mondo». E sui rischi legati ai vaccini e alle fasce d’età per le quali sono raccomandati, il presidente Aifa ha sottolineato: «Gli effetti avversi segnalati legati ai vaccini sono pubblicati nel sito di Aifa. Si conoscono perché la farmacosorveglianza funziona. Il pericolo d’infezione e malattia da Covid-19, in particolare nelle persone sopra i 60 anni, è decisamente più alto di quello legato alla profilassi vaccinale. Per quanto riguarda le trombosi da adenovirus in Italia si può dire siano pochissime, davvero rare. Siamo nel campo delle ipotesi ancora, potrebbe essere che i casi di trombosi siano legati alla genetica, oppure ad una risposta autoimmunitaria. Il punto da valutare ora, più che sulla fascia degli over 60, è fin quanto estendere la vaccinazione con AstraZeneca e J&J su persone sotto i 60 anni, forse più a rischio di trombosi e in particolare sui i più giovani, ovvero 20-30enni. L’Ema, agenzia europea del farmaco non ha posto finora restrizioni, Aifa ha invece suggerito per entrambe questi vaccini un uso preferenziale per persone sopra i 60 anni. E’ una raccomandazione, non una regola, e va ricordato che il rapporto tra rischi e benefici dei due vaccini adenovirali su larga scala resta a vantaggio dei benefici. Ora però valutazioni sono in corso e le decisioni riguardo questo tipo di vaccini per la fascia d’età più giovane arriveranno a breve dal Cts; fondamentale sarà avere fornitura di vaccini ad mRna sufficienti per le fasce più giovani».